A dieci anni dalla sua morte, resta senza dubbio ancora forte e incisiva la portata dell’eredità spirituale che ci ha lasciato l’Abbé Pierre. Allo scopo di celebrare il decennale, il movimento ricorda l’operato del suo fondatore attraverso una serie di iniziative che avrenno luogo sia in Italia, sia all’estero. In Francia la figura e il pensiero dell’Abbé Pierre verranno ricordati domenica 22 gennaio con incontri e iniziative organizzate a Parigi in collaborazione con numerose associazioni della società civile: l’evento si concretizzerà con un grande raduno in Place de la Republique. La manifestazione avrà come tema portante e fondamentale l’articolo 13 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, oggi più che mai attuale, che recita: «1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. 2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese» [qui tutte le info su questo evento].
Allo scopo di celebrare il decennale della morte dell’Abbé Pierre, Emmaus Italia – che conta attualmente 18 comunità e gruppi che accolgono ogni anno circa 400 persone – organizzerà intorno alla metà di giugno un raduno nazionale ad Assisi, mentre molte saranno nel corso del 2017 le iniziative messe in programma da parte delle singole comunità e gruppi.
Franco Monnicchi, attuale presidente di Emmaus Italia, ricorda così la figura dell’Abbé Pierre:
«Sono passati oramai dieci anni dalla sua scomparsa e non c’è che dire: l’Abbé Pierre ci manca. Ci manca la sua voce ferma e decisa che penetrava nella mente e nel cuore; la sua empatia e il suo sguardo profondo e dolce; la sua umiltà; la sua collera contro l’ingiustizia; il suo essere testimone credibile, concreto e diretto; la sua visione profetica; il suo ‘metterci la faccia’ sempre e senza badare alle convenzioni e alle convenienze. Ci mancherà soprattutto la sua persona, il suo carisma trascinante: lui, che a più di novant’anni non esitava a occupare chiese per sostenere con forza e determinazione la lotta per i diritti dei cosiddetti sans-papiers (gli immigrati senza permesso di soggiorno); lui, che non ha rinunciato – malgrado le sferzanti critiche – a esprimere opinioni controcorrente per i diritti di ogni persona.
La sua battaglia principale è stata quella che ha condotto contro ogni tipo di miseria spirituale e materiale, contro ogni genere di ingiustizia, grazie soprattutto alla sua vicinanza agli ‘ultimi’, con i quali manteneva un rapporto speciale. Non per caso il ricordo che ancor oggi conservo ben impresso nella mente è quello del suo sguardo che si illuminava letteralmente quando entrava in contatto con un comunitario di Emmaus: era dotato di un’empatia e di una capacità di ascolto uniche, straordinarie, capaci di restituire alla persona – spesso massificata, emarginata, inascoltata, compatita – la dignità e il valore al di là del suo passato, delle sue sofferenze, delle sue debolezze e dei suoi sbagli. Ogni persona era un valore in sé, un valore troppo spesso non riconosciuto, inespresso o mortificato. L’essenza della sua intuizione più significativa sono però state le comunità e il movimento Emmaus, un’espressione ideale (certo perfettibile, ma reale e concreta) di questa sostanziale attenzione rivolta a ogni individuo, a partire proprio da quelli più in difficoltà e in condizioni di disagio.
Ridare dignità alle persone significa perciò – ancora, e forse ancor più, oggi – ridare la giusta dimensione etica al nostro vivere civile, contribuendo in questo modo a costruire un mondo più giusto e più umano.
Non c’è dubbio, l’esperienza delle comunità Emmaus promosse dall’Abbé Pierre è ancora di grande attualità e ci aiuta a combattere un sistema sociale che tende a produrre scarti umani e utenti senza voce in abbondanza, mentre non sembra in grado di procedere sulla strada di una necessaria rivalorizzazione delle risorse umane che si realizza solo a patto di riconoscere la piena dignità di cui è portatore ogni individuo. La provocazione delle comunità Emmaus che fanno accoglienza incondizionata, che si autogestiscono, che si mantengono e finanziano solidarietà “non attraverso la carità dei ricchi, ma con il lavoro dei poveri” sta a testimoniare una necessità di cambiamento che deve partire dai nostri stili di vita, dal nostro approccio verso l’altro, dal rifiuto della semplificazione e del giudizio sommario verso ogni persona, soprattutto se di provenienza e di cultura diversa, soprattutto se povero.
Oggi come ieri, lottare per la dignità delle persone significa lottare per i loro diritti e agire contro le cause di miseria e sofferenza: qui come in qualsiasi altra parte del mondo. Ogni nostra azione – lo sfruttamento irrazionale di risorse, il commercio delle armi, la finanza speculativa – ha come conseguenza diretta la distruzione dell’ambiente, milioni di morti per fame e guerra, l’aumento della miseria e delle disuguaglianze e tutte quelle migrazioni di esseri umani che vorremmo con ipocrisia respingere. Il diritto alla casa, a un lavoro e a un reddito rappresentano perciò tasselli indispensabili per assicurare un futuro dignitoso a ogni persona.
Questa è la grande eredità che ci ha lasciato l’Abbé Pierre attraverso il suo esempio, i suoi scritti, le sue testimonianze, le sue riflessioni e le sue provocazioni. Un’eredità raccolta da un movimento che, unendo i propri sforzi, vuole essere motore di lotta e di cambiamento, ma soprattutto testimonianza di un amore infinito e incondizionato verso l’altro, gli altri, gli ultimi della Terra. Noi cercheremo di continuare – attraverso le nostre comunità e i nostri gruppi – con impegno la lotta a fianco dei più poveri come lui ci ha insegnato».
Su queste stesse pagine daremo notizia, di volta in volta, dei vari appuntamenti organizzati in questo senso in Italia e all’estero